Di Marco Perillo
Dopo quattro anni ci risiamo. L’America torna al voto e in corsa c’è ancora lui, il protagonista indiscusso di quasi un lustro. Donald Trump, sì, a caccia del suo secondo mandato. Potrà piacere o meno, questo presidente degli Stati Uniti si è fatto interprete di un certo tipo di elettorato, ma soprattutto di alcuni bisogni sommersi dei connazionali. La sua elezione si ripeterà? O il dramma del coronavirus manderà a casa il tycoon che già sconfisse Hillary Clinton e adesso sfida Joe Biden? Difficile fare previsioni. Qualche idea, tuttavia, almeno per noi italiani, può chiarirla un libro che dice molto sul personaggio e sull’influenza che avuto negli Usa degli ultimi anni. Si intitola Yes we Trump! Chi riuscirà a fermarlo? (Paesi Edizioni, pagine 128) di Luca Marfè che lo presenterà a Napoli domani.
Classe 1980, Marfé è laureato in Scienze Internazionali e diplomatiche all’Orientale, master in Relazioni internazionali alla Sioi di Roma ed è giornalista professionista dal 2013. Titolare della cattedra di Storia Contemporanea all’università di Caracas, ha un’esperienza ventennale di vita all’estero. Collabora con «Il Mattino», «Vanity Fair Italia», Radiouno Rai, Radio Kiss Kiss e altre testate in qualità di esperto di Stati Uniti e America Latina. InYeswe Trump!, che si avvale della prefazione di Federico Rampini e postfazione di GiulioTerzi di Sant’Agata, Marfé prova a rispondere a molte delle domande che gli italiani si pongono sul controverso presidente americano, analizzando i cambiamenti politici, economici e sociali più recenti degli Usa. Con una scrittura coinvolgente, fresca e ritmata, ne scaturisce un ritratto dell’America e di chi la abita, nonché il ritratto di un uomo che ormai fa già parte della storia collettiva. Perché, come spiega Rampini nella sua prefazione, gran parte della classe operaia nel 2016 si sentì tradita da una sinistra troppo vicina ai top manager delle multinazionali, ai banchieri di Wall Street, ai padroni della Rete della Silicon Valley e scelse lui. A intervistare i lavoratori del Midwest, a carpirne gli umori, allora c’era con lui Luca Marfé. Insieme capirono che coloro che avevano votato per due volte Obama e che improvvisamente preferirono Trump non erano né idioti né razzisti, come furono tacciati, ma volevano semplicemente difendere i loro interessi economici. E il motto «Make America great again» si incarnava perfettamente nella loro visione, tanto da dare il là a quel ciclone elettorale che, in un modo o nell’altro, travolse il mondo.
Marfé, che al tempo viveva a New York, lo capì subito e nel suo libro ha snocciolato tutto ciò che ha contribuito all’affermazione del tycoon; dal caso Russiagate agli show quasi berlusconiani, dalla first lady Melania alla «diplomazia dello scontro», dalla guerra commerciale – e poi sanitaria – con la Cina fino alle attenzioni per la crisi del Venezuela. Oggi il nuovo slogan per le presidenziali del 2020 è «Keep America Great». Riuscirà a far rieleggere il presidente?
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